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DAVIDE MONALDI
BAGARRE
Dal 24 marzo 2023 al 05 maggio 2023
Davide Monaldi è uno scultore e il suo materiale d’elezione è la ceramica. È bello poter scrivere questa cosa: si tratta di una scelta radicale per un artista delle ultime generazioni; molti suoi colleghi preferiscono muoversi su più linguaggi e più materiali. La sua scelta è sicuramente intrigante e apprezzabile, perché permette di indagare con maggiore libertà e concentrazione quelli che sono gli elementi cardine di ogni lavoro artistico, ovvero gli aspetti formali, sempre inestricabilmente connessi agli aspetti tematici.
Le sue opere sono una rappresentazione realistica, gioiosa e ironica della realtà che lo circonda. Questa realtà viene declinata essenzialmente in due modi: il primo consiste nella riproduzione di oggetti o elementi banali della nostra realtà quotidiana, come carta da parati, chiavi, caffettiere, citofoni, elastici, racchette da tennis, che vengono sottoposti al processo di stilizzazione classico dell’artista e talvolta a delle deformazioni volte ad accentuarne il lato ironico e dolcemente straniante. Il secondo delinea invece piccole scene di vita da cui emerge più chiaramente la punta di malinconia presente in tutto il lavoro dell’artista.
Ha trovato una cifra stilistica ben precisa Monaldi, una sua riconoscibilità apprezzabile e rinfrescante in questi tempi in cui troppo spesso gli artisti sembrano voler giocare a nascondino senza averne una vera necessità. Gli occhioni dei suoi personaggi umani e animali sono la sua peculiarità, le loro teste grandi, i loro arti e gli allungamenti di corpi e oggetti, la sua calligrafia a stampatello (ovviamente), il fatto che tutto sembri morbido. E’ uno stile volutamente sintetizzato, in cui la micro narrazione ha un ruolo primario.
Cerca di parlare a tutti Monaldi, e lo fa attraverso un linguaggio che se fossimo pigri definiremmo pop; si tratta in realtà di uno stile debitore di una cultura folk e artigianale, non industriale, situato esattamente nel punto in cui la cultura punk incontra il mondo del fumetto e dell’illustrazione, abbandonando la sua carica adolescenziale di distruttività. Le sue origini marchigiane mi fanno pensare alle atmosfere semplicissime e minimali di Maicol&Mirco, con quell’abilità magica di far stare qualcosa di profondissimo e di talvolta straziante in una scena fatta di due linee e tre frasi.
Per questa mostra l’artista ha deciso di presentare solamente delle sculture dalla forma di vasi, oggetti su cui aveva già lavorato in passato, ma che in questa occasione diventano i protagonisti assoluti della scena. La scelta non può essere casuale. Il vaso è un elemento con una sua forza e una sua storia ben definite. Si tratta di uno dei più comuni oggetti quotidiani presenti in ogni casa, e già questo lo pone in un territorio che permette all’artista di creare un canale di comunicazione ben preciso con la memoria e la vita di chiunque, anche dei non addetti ai lavori.
Il vaso è inoltre uno dei manufatti più antichi e comuni a ogni civiltà umana, di tutti i tempi e di tutti i luoghi della terra. Il vaso è un vascello, un elemento in grado di contenere non soltanto materia sfusa al suo interno, ma anche decori, immagini, storie, e rappresentazioni artistiche sulla sua superficie esterna. L’artista Andreas Angelidakis in un suo video paragona i vasi dell’antichità a quello che è per noi oggi internet, ovvero un veicolo attraverso il quale le persone imparavano gli usi, i costumi, le storie, i miti e le leggende di persone lontane da loro nello spazio; e un supporto grazie al quale gli stili artistici viaggiavano per il mondo, si ibridavano e evolvevano. Molti sono gli artisti che ancora oggi lavorano attraverso l’oggetto vaso, e i due esempi più famosi sono forse Luigi Ontani, con i suoi canopi, e l’artista inglese Greyson Perry.
Hanno qualcosa di fortemente legato alla nostra psiche i vasi, che trascende la banale simbologia del ventre materno. Vi è qualcosa di oscuro al loro interno, da cui probabilmente si sono generate storie come quella del vaso di Pandora; hanno a che fare con l’insondabilità del loro spazio, con la difficoltà nella gran parte dei casi di vederne completamente l’interno, di poterlo raggiungere, pulire. Vi è qualcosa fuori dal nostro controllo. E in queste opere di Davide Monaldi emerge proprio un’idea di caos.
Sulle superfici esterne dei vasi vediamo vere e proprie scene caotiche, seppur ironiche e gioiose: corpi umani, animali e mostri si mescolano in una lotta da cui nessuno avrà la meglio, e che sembra evocare le scene di alcuni dipinti infernali di Bosch, le battaglie tra romani e barbari della scultura classica, la sublime Centauromachia di Michelangelo; oppure vediamo corpi nudi intenti in un’orgia di piacere, un ammasso vermicolare che sembra espandersi con la velocità di un contagio, dove ogni arto sembra un bigolo dotato di potenzialità erogena. Anche nel caso del vaso non smaltato da cui esce una fila militaresca e ordinata di formiche pronte a invadere l’intero spazio della galleria, l’impressione è quella di trovarsi di fronte a un oggetto da cui potrebbe scaturire un’energia fuori controllo che potrebbe sopraffarci. Cosa finirà dentro questi vasi?
Antonio Grulli